25 de junio de 2013

20 de junio de 2013

poeta delle ceneri/ Pier Paolo Pasolini




WHO IS ME

POETA DE LAS CENIZAS

 

PIER PAOLO PASOLINI

 

Traducción y prólogo de

Marcelo Tombetta

 

DVD ediciones

 

 

 

È un teorema;
e ogni sorte è un corolario.
Le sorte sono quelli che sai,
quelle del mondo dove tu col tuo antipatico
sorriso anticomunista, e io col mio infantile odio
antiborghese, siamo fratelli:
ne sappiamo tutto!

Come prende una nevrosi d’ansia
e come una piccola vittima femmina di quattordici anni,
finisca nel letto di una clinica,
coi pugni così stretti che nemmeno uno scalpello,
potrebbe scalzarli,
come un ragazzo parli tra sé come un matto
dipingendo e inventando nuove tecniche,
fino a diventare
un Giacometti, un Bacon,
con lo spettacolo dei suoi spettri figurativi
simboli della tragedia del mondo in un’anima malata
maleodorante del livore meschino del male; come
una donna di mezza età, bella ancora, e curata,
non sappia dimenticare il Cristo della Chiesa
e insieme, una volta perduta,
non sappia resistere al desiderio de perdersi ancora,
e così viva tra ragazzi facili e agnoscie cristiane;
e come infine un padre

 

 

che aveva confuso la vita con il possesso,
una volta possessuto,
perda la vita, la butti via: doni cioè il suo possesso
- una fabbrica alla periferia dellle grande città –
ai suoi operai; e si perda nel deserto,

come gli Ebrei,

Casi di coscienza, tutti questi.
Ma la serva diventa, invece una santa matta,

(...)

va nel cortile della sua vecchia casa sottoproletaria,
tace, prega, e fa miracoli,
guarisce gente,
mangia ortiche soltanto, finché i capelli le divengono
verdi,
e infine, per morire,
si fa seppellire piangendo da una scavatrice,
e le sue lacrime rampollando dal fango
divengono una fonte miracolosa.

Prima del Padre e della Madre,
nel paradiso terrestre, c’era un Primo Padre,
é nella sua intimità che, (primamente), siamo vissuti.
Ma poi, l’importante è stato l’amore della madre
con cui ci siamo identificati
perché non possiamo vivere
se non identificandoci con qualcuno. Non possiamo,
quindi,
concepire amore che non abbia la dolcezza materna.
Quel primo Padre ha così dolcezza di Madre.
Ma in una famiglia borghese
egli non é più in grado
(che di scatenare drammi morali.
La religione, la religione del rapporto diretto con Dio
è ancora nel mondo anteriore a quello borghese).

Gli operai stanno a guardare.

...

Ti tacerò, amico quello che, in stasimi e episodi,
e cori al luogo delle dissolvenze,
scriverò sul silenzio di Pilade, pilates
che diverrà rivolta,
e tradimento,
contra l’amico delle (sensuale) adolescenza, dal membro
eretto,

Oreste, il principe socialista,
e il degenerare di alcune delle Furie purificate
e segregate sui monti festosi nel cielo e nel cielo perduti:
il ritorno di queste furie regredite al vecchio satato
nella città liberata, con loro, dalla monarchia;
la regressione di Elettra,
lei figlia, che amò il padre Re, e ora è fascista come

 

si è fascisti ;
nel cupo rimpianto errate origini;
la fuga di Pilade nei monti delle Furie divenute
Eumenidi,
le dee dei partigiani
e dell’amore improvviso che lega una partigiano a un
altro partigiano;
la preparazione della lotta,
e il ritorno a capo di un esercito irregolare,
- il misterio esercito dei monti;
l’alleanza tra Elettra fascista e Oreste liberale
e fautore di riforme,
nella città divenuta opulenta;
l’intervento di Atena
che protegge Elettra e Oreste figli della ragione
e li unisce, mettendo a tacere l’ululato
delle Furie antiche vagano per la nuova città;
l’incertezza di Pilade
di fronte alla città arricchita
che non ha più bisogno di lui;
il suo incontro
nella notte della vigilia che precede la battaglia
col vecchio amico dell’adolescenza,
rimasto giovane,

 

bello come ai tempi dei loro primi amori
quando le donne erano sconosciute;
e il loro abbandonarsi a discorsi sull’amore e sull’anima
che nulla hanno a fare con la realtà presente,
e che li accomuna;
e, infine, la solitudine di Pilade,
alla fine della notte,
che, prima dell’allba, dovrà pur prendere una decisione.
E poi, tu credi,
che si possa fare un sogno, non ricordarlo,
e avere da questo sogno, mutata la vita ?

Tu credi che un padre possa fare un sogno, in cui
veda se stesso amare sul figlio,
non so sotto che vesti,
se del padre stesso ragazzo, o di un estraneo
che è il padre del padre (ragazzo)
o (l’identificatine) a sé della propia madre... Nessuno,
neanche io, saprà mai quel sogno.
Ma il padre ne avrà mutata tutta la vita.

Ricordi Eracle
che chiede al figlio di chiamare tutti i suoi compagni
più forti, e (di portarlo sulle spalle,
in cima al monte vicino alla città,
il monte della città)

 
quello ch’è meta di pellegrinaggi e avventure di

             ragazzi

come succede nei mondi (preindustrial)?

E giunti lì in cima, il figlio e gli altri ragazzi,
avrebbero dovuto preparargli il rogo,
e farlo morire?

Entra in quel sogno, se sei padre.
Tu, padre, che magari innocentemente, sei complice
dei padri
(che vogliono liberarsi dei figli
mandandoli a morire in guerre che si combattono
nei luoghi dell’Alibi, l’estremo Oriente della storia).

Qui, per una volta,
il padre non vuole la morte del figlio, ma il suo amore.
Diviene lui il figlio, e nel figlio, ragazzo, vede forse il
padre,
e lo ama, non vuole ucciderlo, ma esserne ucciso,
non possederlo, ma esserne posseduto.
Sì, ma quel padre è un uomo borghese del nostro mondo,
ha un’industria sotto i monti della Brianza (festosi nel
cielo
e nel cielo perduti):
come potrà accettare le conseguenze di quel sogno, del
resto,

non ricordato?

Le accetterà (stravolgendole). Sapendo e non sapendo..
Si farà cogliere dal figlio nudo sopra la madre.
Cercherà dei pretesti per colpire il figlio,
e, quindi, farsi colpire.

Aggredirà il figlio
per attirarlo su lui,
per essere il centro della sua vita.

Finché il figlio, il lieve figlio (mozartiano),
(pacifista) e obiettore di conscienza, se ne andrà
dalla casa ricca,
avendo ascoltato dal padre delirante una dichiarazione
d’amore.

Non lo odierà –ti dico- il ragazzo
(uno di quei ragazzi nuovi, tanto migliori di noi),
l’avrebbe posseduto come il ragazzo del popolo
possiede, per pochi dollari, colui che non ha forza
d’essere uomo
e lo invoca dunque come un salvatore...

Se ne va, per le vie del mondo,
con una ragazza,
nient’altro che una puttana, e un amico:
 

n’e si saprà mai chi vada il suo amore
benché egli, certamente, profonda il suo oro
sul grembo della ragazza.
Viene il padre, spia, lo trova, corrompe la ragazza,
sta a guardare dietro alla porta i l loro amore,
scopre quello che il figlio
ha senza misterio, come ognuno ha,
eppure è in lui (orrendamente, insopportabilmente
misterioso).

Non può il padre, vivere dopo aver visto quell’amore,
entra e colpisce a morte il figlio,
che esce piangendo e salutando la vita
dalla stanza di uno dei mille (...) coiti della sua vita.
Muore. E su lui morto il padre si china ad abbottonare
i calzoni aperti sul fulgore inmacolato della canottiera.
(Il padre, dopo tanti anni), come nei romanzi
d’appendice,
conclude il lungo sogno della sua vita
sognando sul terrapieno di una stazione
come in un verso di Ginsberg.
Ecco.
Ecco, queste sono le opere che vorrer fare,
che sono la mia vita futura –ma anche passata

- e presente.



POETA DE LAS CENIZAS  PIER PAOLO PASOLINI

 

respuesta a un periodista norteamericano imaginado probablemente en agosto de 1966 en Nueva York.

 

he cambiado la traducción por una propia, no sin admirar la de Marcelo Tombetta y su frugal prólogo.

 

(…)

 

Es un teorema:
y cada destino un corolario.
el destino es aquello que aprendes,
aquel del mundo donde tú con tu antipática
sonrisa anticomunista, y yo con mi infantil odio
antiburgués, somos hermanos:
lo aprendimos del todo!

Anida una ansia de nervios
y como una pequeña víctima femenina de catorce años
acaba en la cama de un hospital,
con los puños tan cerrados que ni siquiera un escarpelo,
podría desenlazar,
y como un chico habla loco para sí
pintando e inventando nuevas técnicas,
hasta convertirse
en un Giacometti, un Bacon,
con la actuación de sus fantasmas figurativos
símbolos de la tragedia del mundo en alma enferma
maloliente del rencor mezquino dl mal, y como
una mujer de media edad, aún hermosa, y cuidada,
no sabe olvidar al Cristo de la Iglesia
y a la vez,  perdida,
no sabe resistir al deseo de perderse más,
viviendo así entre chicos fáciles y cristianas angustias;
como un padre finalmente
 

que había confundido la vida con la posesión,
poseído una vez,
pierde la vida, la desecha, dona- su posesión

- una fábrica en la periferia de la ciudad –

a sus trabajadores, y se pierde en el desierto,
como los Hebreos,

Casos de conciencia, todos.
La sierva se convierte, en cambio en una santa loca,

(…)

está en el patio de su vieja casa subproletaria,
calla, reza y hace milagros,
sana a las personas,
solo come ortigas, hasta que el pelo se le pone

             verde

finalmente, para morir,
se hace sepultar llorando, por una excavadora
y sus lágrimas agromando del fango
se convierte en fuente de todos los milagros.

Antes del Pater, y antes de la Mater,
en el paraíso terrestre, había un Primer Padre,
en su intimidad es (primero) donde vivimos.

Pero después lo importante, había sido el amor de la madre
con el que estábamos identificados
porque no podemos vivir
sin identificarnos con alguien.

No podemos concebir el amor que no tenga la dulzura materna.

Aquel primer Padre sí tiene la dulzura de Madre.

Aunque en una familia burguesa
no es capaz más que de
-desencadenar dramas morales.

La religión, la religión de la relación directa con Dios
y aún antes de aquel mundo burgués).
Los trabajadores están observando.


No te diré, amigo aquello que, en intervalos y episodios,
y los coros en el punto del fundido
escribiré sobre el silencio de Pilates,
que se tornará revuelta,
y traición,
contra el amigo de la (sensual) adolescencia, del miembro

             erecto,

Orestes, el príncipe socialista,
y la decadencia de algunas de las Furias purificadas
recluidas en los montes, deleites en el cielo, en el cielo perdido:
la vuelta de estas furias reculadas al viejo estado
en la ciudad liberada, con ellas, de la monarquía;
la regresión de Electra,
ella, hija que amó al padre Rey, es ahora fascista como
se es fascista;
 tétrica añoranza de orígenes errados;
la fuga de Pilates en las montañas de las Furias convertidas
en Euménides,
diosas de los partisanos
y del amor repentino que une partisano a uno
otro partigiano;
la preparación de la lucha,
y retorno al a cabeza de un ejército irregular,
 -el misterioso ejército de los montes;
l’alianza entre Electra fascista y Orestes liberal
y promotor de reformas,
en la ciudad que se ha vuelto opulenta;
la intervención de Atenas
que protege a Electra y Orestes, hijos de la razón
y allí, unidos acallando el ulular
del las Furias antiguas que vagaban por la ciudad nueva;
la incertidumbre de Pilates
frente a la ciudad armada
que no necesita ayuda alguna;
en la noche
su encuentro, la víspera de la batalla
con el viejo amigo de la adolescencia,
 quedo en la juventud,

 

hermoso como en tiempos de sus primeros amores
cuando las mujeres eran desconocidas;
y su abandono al discurso sobre el amor y el alma
que nada tienen que ver con la realidad presente,
y que los mancomunan;
y final, -la soledad de Pílades,
al final de la noche,
cuando antes del alba, deberá o sí tomar una decisión.

Es más, crees tú
que se pueda tener un sueño, olvidarlo,
y haber cambiado la vida, por ese sueño ?

¿Crees tú que un padre pueda tener un sueño, en el cual
se ve amando a su hijo,
no sé bajo que indicios,
si la del padre con apariencia joven, o un extraño
que es el padre del padre (de joven)
o la (identificación) de él mismo a su propia madre ?


Nadie,

ni yo, jamás se sabrá de aquel sueño.
¿Recuerdas a Heracles
que le pide al hijo llamar a todos los compañeros
más robustos, y (portarlo en hombros,
hasta la cima del monte cercano a la ciudad,
 

que es meta de peregrinajes y aventuras de
chicos
¿cómo sucede en los mundos [preindustriales]?

Y colmada ya la cima, el hijo y los otros chicos
habrían debido preparar la hoguera,
hacerlo morir?
 

Entra en ese sueño, si eres padre.

Tú, padre, que con inocencia quizás, eres cómplice
de los padres

(que desean librarse de sus hijos
enviados a morir en guerras que se combaten
en los lugares de la Coartada, al extremo
Oriente de la historia).

Aquí, por una vez,
el padre no desea la muerte del hijo, chico, ve quizás al

padre,

y lo ama, no quiere matarlo, quiere que lo mate,
no poseerlo, pero sí ser poseído,

Sí, pero ese viejo es el hombre burgués de nuestro mundo,
tiene la fábrica al pie de los montes de Brianza
(alegres en el cielo,
y en el cielo perdidos):
¿cómo podrá aceptar la consecuencia de aquel sueño
el residuo
apenas recordado ?
Las aceptará (tergiversándolas). Sin saber y sabiendo.
Se hará sorprender por el hijo desnudo sobre la madre.
Buscará los pretextos para golpear al hijo,
y, por tanto, hacerse golpear.
Agredirá al hijo
para atraerlo hacia él,
para ser el centro de su vida.
Hasta que el hijo, el delicado hijo (mozartiano),
(pacifista) y objetor de conciencia, se pirará
de la casa rica,
habiendo escuchado del padre una delirante declaración
de amor.

No lo odiará –te digo- el chico
(es uno de esos muchachos nuevos y tan superiores),
y, si el chico hubiera podido hacer,
habría dado al suplicante padre todo su oro,
lo habría poseído como chico de pueblo
poseído
por pocos dólares, ese que no tiene fuerza
de ser hombre
y lo invoca entonces como salvador…
 

Se va, por los caminos del mundo,
con una chica,
nada más que una puta,
y un amigo:
nunca se sabrá a quién va dirigido su amor
si bien él, ciertamente entierra su oro
en el regazo de la chica.

Viene el padre, espía, lo encuentra, corrompe a la chica,
mira por detrás de la puerta su amor,
descubre eso que el hijo tiene sin misterio,
como cualquiera tenemos,
y sin embargo es en él (horrible, insoportablemente
misterioso).

No puede el padre, vivir tras haber visto ese amor,
entra y golpea mortalmente al hijo,
que sale llorando y saludando a la vida,
de la habitación de uno de miles (…) coitos de la vida.

Muere. Sobre él, muerto, el padre se ladea para abotonar
el calzón abierto sobre el fulgor inmaculado de la canotier.
(Unos años después, el padre), como en novelas
por entrega,
concluye el largo sueño de la vida
soñando en el andén de una estación
como en un verso de Allen Ginsberg.

Y ya está.
Aquí, estas son las obras que quisiera hacer,
que son mi vida futura –pero también pasada
-y presente.

 

(…)



 

Ryuichi Tamura/ 4.000 días y noches para que nazca un verso


Zhu Zhanji 朱瞻基(1398-1435)





 
 
 
 
Se dice que Sung Ti, artista del siglo XI, criticó los paisajes de Chen Yung-chi en los siguientes términos:

 

“ La técnica de esto es buena, pero se hecha de menos un efecto natural. Tendrías que escoger cualquier pared en ruinas y cubrirla con un trozo de seda blanca. Luego, te lo miras mañana y tarde hasta que al final logres ver la ruina a través de la seda, sus protuberancias, sus niveles, sus zigzags y sus grietas, almacenándolo en la mente y fijándolo en los ojos. Haz que las protuberancias sean tus montañas, la parte baja tu agua, los huecos tus barrancos, las grietas tus arroyos, las partes más claras tus primeros planos, las partes más oscuras tus puntos más distantes. Empápate perfectamente de todo esto, y pronto verás hombres, pájaros, plantas y árboles, ondeando y moviéndose. Puedes entonces guiar el pincel según la fantasía, y el resultado será cosa del cielo, no de los hombres. A Chen se le abrieron los ojos y desde aquel momento su estilo mejoró.

 

del libro de E.Gombrich ; arte e ilusión”




 
 
Mori Shuho - Black Bear Cub in Snow , 1799





 


RYUICHI TAMURA

 

 


CUATRO MIL DÍAS Y NOCHES

Para que nazca un verso
debemos matar
muchas cosas,
debemos acribillar, asesinar y envenenar
a nuestros seres amados.

Ved,
en el cielo de los cuatro mil días y noches,
por tanto codiciar la lengua trémula de un pájaro,
hemos matado a tiros
lo silente de las cuatro mil noches y el resplandor

de los cuatro mil días.

26

Escuchad,
en todas las ciudades lluviosas y en los hornos de fusión,
en todos los puertos y las minas en estío,
por arrancarle lágrimas a un solo niño hambriento,
hemos asesinado
el amor de los cuatro mil días
y la misericordia de las cuatro

mil noches.

Grabad en vuestra memoria
tan solo por codiciar el miedo de un perro callejero
con ojos capaces de ver lo que no vemos,
con oídos capaces de oír lo que no oímos,
hemos envenenado
la imaginación de las cuatro mil noches
y el recuerdo frío de los cuatro mil días.

Para engendrar un solo verso
debemos matar a nuestros seres queridos.

Es el único camino para resucitar a los muertos.

Habrá que seguir este camino.

MEZCALERO:

Ora duérmase, mañana vengo.

En la puerta el MEZCALERO todavía parece dudar. Se

decide:

MEZCALERO:

Buenas noches.

Y sale precipitadamente.

ESCENA 60.— (Plano medio.)

BENITA queda pensativa pasándose el bocado a medias

mientras escucha (off) los cascos del caballo alejándose.

CORTE:

27

EMPERADOR

Hay ojos en una piedra, ojos enclaustrados en la
melancolía y el tedio.

El hombre pasa frente a mi ventana, vestido con
negros atavíos.

Emperador de invierno. Mi emperador solitario caminando
hasta un camposanto europeo con la sombra de
la civilización en su frente blanca como de cera. Bañada
su espalda por el sol, es doloroso verlo autoflagelarse.

¡Dadme una flor!

Usted extiende sus manos. El invierno en el mundo
está a punto de empezar, después de años de razones y
progreso. La belleza occidental no es otra cosa que
ilusión; ¿quién besaría sus palmas? ¿Habrá aun tierra
fértil en esas manos devastadas por un destino de color
del milano?

¡Dadme una flor, una herida como una flor!

***
Ryuichi Tamura nació en Tokio en 1923. Estudió la carrera
de letras en la Universidad de Meidyi. Durante la guerra
editó la revista La Tierra Yerma. Publicó varios de sus
poemas en la Colección de poemas del grupo la Tierra
Yerma, y un aproximado de treinta volúmenes de poesía en
su lengua. Fue reconocido con el quincuagésimo cuarto
Premio de Poesía de la Academia de Artes de Japón en
1998 y murió de cáncer en agosto de ese año.

 

Traducción de

Atsuko Tanabe y Sergio Mondragón

Queridos Riders

on the road


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